Eccoci a LA finalmente, la capitale dei sogni, a cercare di realizzare la mia missione su questa terra – diventare un superpornodivo – o perlomeno a passare qualche giorno di prigionia in un ostello che sembra uscito da una sitcom. Eh caro, c’é poco da fare, nella cittá degli angeli per andare ovunque ti ci vogliono le ali, o perlomeno una macchina dal serbatoio bello pieno, e cosí, espletate le formalitá di Venice beach e Hollywood – la via squallidissima intendo, non i dispendiosi studios – non resta che rimanersene a casa nel relativamente sicuro quartiere coreano. Sicuro se eviti i piccoli ristoranti del luogo e le loro intossicazioni al cavolo piccante o se ormai dopo la Cambogia un paio di giorni ko non ti fa piú nulla.
La mia residenza é una bifamiliare, stipata di letti ovunque possibile, con un numero di bagni tale da farti aspettare sempre quel tanto che basta per fartela quasi addosso, o per riflettere su come la doccia non sia per forza un lusso che ci si debba concedere ogni giorno. A mandare avanti la baracca non ci pensa nessuno: i dipendenti passano il tempo a sedurre le viaggiatrici mentre il manager, una barzelletta ambulante, fuma marijuana a tempo pieno e stabilisce chi di noi debba fare cosa e con chi. Vorrei avere una macchina, non per andarmene in giro, ma per tenermelo nel cruscotto e tirarlo fuori quando sono triste. Per ogni tua necessitá la risposta standard dei ragazzi é: tranquillo, abbiamo telecamere ovunque 24 ore su 24.
Spero non nelle stanze: tenuto sveglio non dal traffico, non dal russare del tipo del letto accanto – un panzone epico – ma dal suo cellulare che rileva il russare e squilla di conseguenza, esco a fumare, solo per assistere alla tragicommedia del giapponese che dorme poco piú in lá. Dorme poi, diciamo pure trastulla il suo joystick dell’amore a coperte abbassate.
Chiaro, no? Il manager.
Il teatro Disney. E sai cosa bevi.
Finalmente un po’ di America.
Un premio speciale a chi indovina cos’é. (Ho seminato un suggerimento…)
Cristo. E sai cosa bevi.
Ebrei sulla spiaggia.
Solo in caso di emergenza: il medico che ti certifica bisognoso di marijuana a scopo terapeutico.
Il mio piccolo atto di terrorismo all’aeroporto di LA.
Mi raccomando: i bambini fuori dalla lavatrice.
